Un calcolo che stabilisce la probabilità di un attacco cardiaco
Un lunghissimo studio ha portato ad un calcolo che stabilisce la probabilità di un attacco cardiaco al fine ovviamente di prevenire la patologia.
Sapere di essere a rischio con largo anticipo è chiaramente utile per poter correggere le nostre abitudini ed evitare il peggio.
Si può calcolare il rischio cardiaco? A quanto pare sì, secondo i ricercatori del Karolinska Institutet in Svezia, che hanno di recente studiato un metodo per calcolare con precisione le probabilità che un soggetto venga colpito da patologie come ictus, infarto o ischemia.
Si tratta di un enorme passo avanti in materia di prevenzione, dal momento che un simile calcolo può permetterci di correggere le nostre abitudini ed evitare il peggio. Vediamo dunque come hanno svolto la loro ricerca gli esperti e come sono arrivati a questa conclusione.
Calcolare il rischio di un attacco cardiaco? Da oggi è possibile
I su menzionati ricercatori del Karolinska Institutet hanno cercato di fare un passo avanti in materia di prevenzione per quanto riguarda le patologie cardiache riuscendo a trovare un modo per calcolare le probabilità che un soggetto venga colpito.
Per farlo hanno ovviamente guardato a problemi come l’ipercolesterolemia – ovvia responsabile di problemi cardiovascolari. In particolare hanno analizzato ben due proteine responsabili del trasposto del colesterolo, che possono fornire indicazioni utili e affidabili sui problemi cardiaci.
Si tratta delle molecole apoA-1 – che trasporta l’HDL, ovvero il colesterolo buono – e apoB, che invece trasporta quello cattivo (e che è già oggetto di interesse da parte dei cardiologi nel valutare i rischi per il cuore). Il calcolo del rapporto tra questi due fattori fornire un valore preciso che riflette l’equilibrio tra le due particelle e che può essere utile per capire se il soggetto è a rischio malattia.
Rischio cardiaco, i calcoli dei ricercatori potrebbero cambiare le linee guida
Il test è stato condotti su circa 137.000 uomini e donne tra i 25 e gli 84 anni, che sono stati seguiti per trent’anni al fine di scoprire quali e quanti di loro manifestavano un evento cardiovascolare. In questo periodo ben 22.000 persone hanno accusato problemi al cuore di qualche tipo e per questo è stato possibile trovare un valore affidabile nel rapporto tra i livelli di apoA-1 e apoB.
Se dunque il valore del rapporto tra questi due dati è maggiore, il rischio di infarto o ictus è più elevato, spiega l’autore della ricerca – il dottor Goran Walldius – aggiungendo anche che il rischio era amplificato nel caso di bassi livelli protettivi dell’apoA-1.
Questo valore può essere calcolato con precisione addirittura 20 anni prima della manifestazione di malattie cardiovascolari, per cui rappresenta un enorme passo avanti nel tema della prevenzione – che non solo potrebbe assicurare al paziente una diversa aspettativa di vita e una migliore qualità della stessa ma anche ridurre il peso dei costi sui servizi sanitari pubblici.